Sole e acqua per ricavare l'idrogeno
Recenti studi al Cnr di Firenze introducono importanti novità per la produzione verde del carburante del futuro
11 marzo 2005
Ancora un'alga, piccolo microrganismo vegetale acquatico, potrebbe risolvere il nostro annoso problema energetico e per farlo promette soluzioni a basso costo e scarso impatto ambientale. Detta così può sembrare la solita trovata biotecnologica, una scoperta tanto eclatante quanto mai applicabile, in realtà progetti di questo tipo sono allo studio da anni, gli scienziati coinvolti sono molti, anche in Italia, e i risultati godono tutti di significativa validità scientifica.
“ L'Idrogeno da cellule viventi „
Alla base della verde strategia produttiva c'è un processo vecchio quasi quanto la vita, la fotosintesi, una sequenza di reazioni fisico-chimiche che esiste da miliardi di anni e che permette, alle piante (che la fanno) e agli animali (che di piante si nutrono), di sopravvivere sul nostro pianeta. L'idea di arrivare attraverso questa via antica e naturale alla produzione più economica di idrogeno circola da molto tempo in ambiente scientifico, purtroppo però le difficoltà di ottenere produzioni quantitativamente significative sono molte e i finanziamenti per indagare a riguardo scarseggiano sempre più.
“ Perché Chlamydomonas reinhardtii „
Oggi, secondo un recente studio condotto da Giuseppe Torzillo dell'Ise (Istituto per lo studio degli ecosistemi) del Cnr di Firenze siamo arrivati un po' più vicini alla soluzione. La protagonista del nuovo e "pulito" sistema di produzione è la Chlamydomonas reinhardtii, un'alga che, come fanno tutti gli organismi fotosintetici, ricava l'idrogeno sfruttando due elementi naturali: sole e acqua.
foto da University of New Brunswick
Canada
Normalmente nella fotosintesi gli atomi di idrogeno che vengono sottratti all'acqua sono adsorbiti, dopo vari passaggi, su molecole energetiche (Atp e Nadh) che saranno utilizzate come carburante cellulare. Questo in realtà è quanto avviene sempre e naturalmente in ogni organismo fotosintetico. Gli scienziati, però, hanno scelto per i loro studi proprio la C. reinhardtii perché quest'alga, come ha già dimostrato in passato, ha enormi capacità di fotoacclimatazione, cioè riesce a regolare geneticamente la sua attività in risposta a stress luminoso. Per questa sua stessa caratteristica riesce con maggiore efficienza rispetto a tutte le altre specie vegetali anche a regolare la produzione dell'enzima idrogenasi, la proteina capace di liberare idrogeno.
“ La regolazione della Idrogenasi „
La sintesi di idrogenasi però aumenta solo se C. reinhardtii si trova in condizioni di anaerobiosi, cioè in assenza di ossigeno. Per raggiungere questo stato gli studiosi hanno allora ridotto l'apporto di zolfo, elemento indispensabile per l'attività dei citocromi proteine che con l'aiuto di zolfo (S) e ferro (Fe) producono ossigeno. Infatti se lo zolfo scarseggia diminuisce l' attività dei citocromi e quindi di conseguenza anche l'ossigeno viene a mancare creando così le condizioni di anaerobiosi che servono a far aumentare la produzione di idrogenasi. Questa condizione estrema però non può protrarsi per più di 2- 3 giorni pena il deterioramento dello stesso sistema fotosintetico. In particolare del fotosistema II quello dove si trovano i citocromi Fe-S e altre proteine della catena di trasporto degli elettroni, fondamentale per la produzione di ossigeno.
foto da DOE Joint Genome Institute
Sulla base di queste osservazioni, il gruppo del Cnr, in collaborazione con le università di Padova e di Firenze e con l'Enea, sta studiando nuove tecniche per arrivare alla produzione di idrogeno senza danneggiare contemporaneamente l'alga. Uno dei metodi alternativi in gioco prevede l'utilizzo di alghe mutanti in cui attraverso l'ingegneria genetica si potrà modificare l'idrogenasi e renderla meno sensibile all'ossigeno, cioè capace di funzionare anche quando questo è presente. Sempre con quest'ottica si punta a costruire delle varianti cellulari che in risposta a segnali esterni riescano a regolare l'attività del fotosistema II. Per quanto riguarda l'efficienza di resa si sta mettendo a punto un fotobioreattore pilota capace di aumentare le prestazioni della stessa microalga. Insomma dalla luce all'idrogeno non più per magia ma per conoscenza, del resto le piante lo fanno da sempre ogni giorno, ricavando l'energia chimica degli zuccheri da quella luminosa del sole.