Torna la Sars: sarà di nuovo epidemia?
Il nuovo caso di infezione a Singapore risveglia l'attenzione della stampa ma la scienza non ha mai abbassato la guardia
9 settembre 2003
E' stata ufficializzata la notizia che ieri annunciava un nuovo caso di Sars a Singapore. Dopo la breve pausa estiva, la conferma è arrivata stamani dall'Oms. Il nuovo primo caso, positivo ai test clinici, è quello di un ricercatore di 27 anni che lavora nel centro di virologia dell'Università di Singapore. Il giovane, ora ricoverato in ospedale, è in condizioni stabili e la sintomatologia che accusa sembra differire leggermente dai classici sintomi clinici della passata epidemia, si potrebbe perciò trattare di una nuova variante del virus. Intanto venticinque persone, familiari e colleghi che sono venuti con lui a contatto, sono state messe in quarantena per arginare il pericolo di contagio. In Australia il governo federale è pronto ad attivare di nuovo lo stato d'emergenza e i sistemi di prevenzione sanitaria.
In Italia il ministro Sirchia ha dato disposizione affinché nei due aeroporti principali italiani, Malpensa e Fiumicino, si attivino tutti i controlli già sperimentati nella scorsa primavera per i voli provenienti dalle zone a rischio. Pochi giorni fa il direttore generale dell'Oms, Lee Jong-Wook, aveva espresso nel corso di una conferenza stampa la sua preoccupazione per l'eventuale ritorno della Sars e aveva invitato tutti gli operatori di settore ad attivare le consuete norme di vigilanza :"Dobbiamo prepararci ad affrontarne la probabile ricomparsa intensificando le strutture di sorveglianza e di diagnosi".
“ Responsabili di questa forma respiratoria due ceppi impazziti di Coronavirus FMM-1 e FMM-2. „
Gli epidemiologi internazionali, in effetti, avevano previsto che l'estate sarebbe trascorsa registrando una significativa riduzione del numero dei casi di Sars, e avevano aggiunto che, come molte delle più banali infezioni virali, era possibile un ritorno del pericoloso ceppo di Coronavirus probabilmente in maniera più invasiva come spesso accade per molti virus dopo i periodi di quiescenza. Nella scorsa primavera, la sindrome respiratoria severa acuta ha costretto a completo isolamento interi paesi e nell'arco di tempo di una sola stagione ha fatto oltre ottocento vittime. Due i focolai di infezione: l'Estremo Oriente (l'infezione è partita dalla regione del Guangdong in Cina) e il Canada.
Responsabili di questa forma respiratoria così grave nell'uomo sono due ceppi impazziti di Coronavirus, ribattezzati dal Niaid (il National Institute of Allergy and Infectious Diseases degli Stati Uniti) FMM-1 e FMM-2. I Coronavirus sono conosciuti come patogeni piuttosto diffusi in natura e generalmente non pericolosi per la nostra specie, non innescano nell'uomo meccanismi patologici di particolare gravità, finora solo le due varianti isolate (FFM-1 e FFM-2) hanno smentito le loro consuete caratteristiche ed è giusto ricordare che il tasso di mortalità anche di queste due forme non è molto più alto di altre forme virali meno temute. Entrambi i ceppi hanno un genoma di 29.700 coppie di basi di Dna e sembrano derivare dallo zibetto, una specie di felino d'origine africana, molto prelibato in Cina per le sue carni e per l'essenza che si utilizza nell'industria profumiera. Il virus che ha contagiato l'uomo ha compiuto un salto di specie e così facendo ha mostrato caratteristiche del tutto nuove. La gravità della situazione è stata amplificata poi dal silenzio delle autorità sanitarie locali che mettendo a tacere il fenomeno (pare che i primi casi risalgano a Novembre 2002) ne hanno facilitato la diffusione.
“ finché il serbatoio animale di infezione non sarà completamente sanificato il rischio di contagio resterà sempre presente. „
La terapia più efficace fino ad oggi è stata quella con ribavirina, un farmaco già utilizzato per altre patologie, mentre non esiste nessuna terapia preventiva per questi due ceppi virali che presentano modalità di contagio simil-influenzale. Ad Aprile il numero dei casi di infezione è stato ricondotto sotto controllo dai medici solo con l'adozione di attente, seppure tardive, misure di sicurezza. La corsa contagiosa e letale di questi ceppi virali impazziti si è fermata per qualche mese ma i medici sanno bene che finché il serbatoio animale di infezione non sarà completamente sanificato il rischio di contagio resterà sempre presente. Il caso del ricercatore cinese pone poi l'ulteriore problema della sicurezza del personale medico che lavora nel settore, non possiamo dimenticare che per identificare e curare quest'infezione Carlo Urbani ha sacrificato nobilmente la propria vita.
Sul fronte clinico secondo le ultime osservazioni riportate dai medici asiatici in alcuni pazienti il virus comincia a mostrare resistenza alla stessa ribavirina, unico farmaco efficace attualmente disponibile. Molti team di ricerca sono al lavoro da mesi, impegnati nell'affannosa identificazione di nuove molecole che siano capaci di bloccare la replicazione e la diffusione del virus. Uno dei risultati più promettenti ed interessanti almeno dal punto di vista terapeutico è stato senza dubbio quello pubblicato dal professore Jindrich Cinatl, virologo della Scuola di medicina dell'Università di Francoforte, sulla rivista "The Lancet" del 13 giugno. In questa pubblicazione, cui il professore ha fatto seguire uno studio ancora più recente sui risultati ottenuti con l'interferon, è stata valutata la capacità antiproliferativa della glicirrizina, una saponina contenuta nella liquirizia, su cellule di scimmia infettate con i due ceppi virali responsabili della sindrome polmonare.
“ la glicirrizina é stata capace di bloccare l'ingresso e la replicazione del virus nelle cellule „
I risultati sono stati davvero incoraggianti, la glicirrizina, più delle altre sostanze con cui é stata messa a confronto, é stata capace di bloccare l'ingresso e la replicazione del virus nelle cellule, in parole povere di arginare l'infezione. Il meccanismo d'azione non è ancora ben chiaro, il virologo ipotizza che la saponina della liquirizia, sostanza che tra l'altro le conferisce il tipico aroma, andrebbe ad interferire con il percorso di comunicazione cellulare (protein chinasi C, casein chinasi II e con alcuni fattori di trascrizione nucleare) inducendo anche la produzione di ossido nitrico, fattore di attivazione ben conosciuto per i macrofagi e linfociti, cellule che allertano e potenziano una risposta più globale del sistema immunitario.
La dose di sostanza utilizzata nella ricerca è però molto alta, nei passi successivi bisognerebbe perciò trovare un sistema di concentrazione del principio attivo per renderne praticabile l'eventuale assunzione umana. Inoltre occorre studiare il meccanismo d'azione e di eliminazione su cellule umane ed in vivo. I tempi si prospettano lunghi e non si possono sottovalutare gli effetti collaterali che in parte già si conoscono (aumento della pressione sanguigna e ipopotassiemia), del resto anche la ribavirina induce emolisi e riduzione dell'emoglobina. La glicirrizina, inoltre, ha il vantaggio di essere stata già oggetto di studio per ripristinare la funzionalità epatica in pazienti affetti da epatite C e per fermare la crescita di alcuni virus come l'Herpes e l'Hiv.
Robert Baker, virologo all'Istituto di ricerca medica dell'esercito statunitense di malattie infettive a Fort Detrick nel Maryland, ha dichiarato che solo durante gli ultimi due mesi della passata epidemia sono state analizzate 200.000 sostanze inviate dai laboratori di tutto il mondo. Ieri una società biotech svizzera, la Berna Biotech, ha annunciato di aver pronto un prototipo di vaccino che sembrerebbe funzionare inducendo l'attivazione efficace di anticorpi. Al momento, comunque, mentre le autorità sanitarie si allertano e la scienza continua silenziosa e diligente il suo compito, sarebbe forse auspicabile che i vari governi locali intervenissero rapidamente sulla licenza di commercio dello zibetto che, certo e unico (almeno per ora) serbatoio di infezione naturale, può tranquillamente continuare ad infettare gli asiatici attraverso le sue delicate carni.