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dai modi del perfetto gentiluomo potesse rivelarsi uno degli avversari
più coriacei con i quali si sia mai scontrato.
Robert Gray e Zagor si incontrarono casualmente a Walcott;
entrambi erano diretti a Fort Brendon su invito del colonnello
Farrell per la dimostrazione delle potenzialità di un
nuovo cannone.
Ma alle domande di Zagor sui suoi trascorsi nell'esercito Gray
si dimostrò elusivo e non lasciò trapelare nulla, se non
che avesse ricoperto una carica elevata nella gerarchia militare. Del
resto lo si poteva dedurre dal rispetto con cui lo trattavano i militari
che erano di scorta alle paghe quando visionavano i suoi documenti.
Zagor
purtroppo non ebbe occasione in quel momento di indagare
sul passato di Gray e sulle mani che portava continuamente inguantate.
Era nel mirino del sergente Bronsky: il capo della pattuglia
di scorta. Il sergente aveva organizzato un colpo a danno dei suoi stessi
commilitoni per impadronirsi del carico e voleva evitare che Zagor potesse
ostacolarlo.
Riuscì ad incolparlo dell'omicidio del caporale, che lui stesso
aveva freddato, perché aveva scoperto il suo piano.
Zagor era fuori combattimento e Bronsky si allontanò
con la pattuglia nella boscaglia dove lo attendevano i suoi complici.
Ma un uomo lo seguiva: Robert Gray, che aveva i propri progetti
per il carico.
Attese
che i banditi eliminassero i soldati prima di entrare in azione. Grazie
ad uno strano liquido infiammabile a contatto con l'aria, trasformò
i banditi in torce umane e sistemò gli altri con un filo metallico
sottilissimo, nascosto nel bastone, che recise loro la gola.
Nel frattempo Zagor, che si era ripreso da una ferita per fortuna
solo superficiale e che godeva della fiducia incondizionata degli abitanti
di Walcott, si era messo sulle tracce del sergente e aveva raggiunto
il passo delle tre dita.
I piani di Gray di impadronirsi dei soldi della paghe furono rimandati.
Zagor
si trovava ancora una volta vicino a quell'uomo per il
quale provava ammirazione, per la sua abilità e per il suo sangue
freddo, e diffidenza, per la spietatezza con la quale aveva massacrato
i banditi.
Anche Gray era ammirato dalle capacità dello Spirito con
la Scure, ma non poteva permettergli di ostacolarlo. Ben altri piani
lo conducevano a Fort Brendon dove erano radunati ex-colleghi
ed ex-amici.
Non fece nulla per impedire l'agguato che i complici di Bronsky
avevano organizzato per sistemare i conti con lo Spirito con la Scure.
Ma Zagor si sbarazzò di loro senza problemi.
Tutti e due, con la compagnia dell'inconsapevole Cico che non
immaginava la guerra di nervi e i sospetti, giunsero a Fort Brendon...
e l'atmosfera di festa si sarebbe tinta di rosso.
Sono
rimasto davvero impressionato dalle conoscenze chimiche e meccaniche
di Robert Gray. L'esercito aveva fatto un grosso errore a scaricarlo
solo perché aveva perso entrambe le mani. Questo particolare
era irrilevante per un uomo dotato come Gray... anche se la menomazione
ne aveva minato profondamente la salute psichica.
L'alchimista si avvaleva di un consistente armamentario di offesa incentrato
sulle sue straordinarie protesi e sul suo versatile bastone:
Le
mani di acciaio erano un potente mezzo di offesa, che sapeva utilizzare
con un'abilità all'altezza del miglior combattente.
Un solo colpo della sua mano poteva spezzare un arto e Zagor stesso
ne subì le conseguenze. Ma questo era niente al confronto degli
aggeggi letali nascosti nel metallo, che richiamava a suo piacimento.
Minuscoli aghi impregnati di un potente veleno per il quale non
c'era antidoto che utilizzò per uccidere il suo collega Walter
e sua moglie.
Da un incavo nascosto, tramite la semplice pressione di un pulsante,
poteva liberare un potentissimo acido del quale solo lui conosceva
la composizione e che non lasciava traccia alcuna ad un'osservazione,
anche approfondita. Lo utilizzò per manomettere il cannone e
provocarne l'esplosione.
Ma la rabbia
che covava in corpo lo aveva spinto a dotare gli arti artificiali anche
di lame affilatissime che utilizzava con maestria nel corpo a corpo.
Molti soldati di Fort Brendon persero la vita, con la gola squarciata
dallo stiletto retrattile.
Altrettanto pericolosi erano gli accessori del suo elegante abbigliamento.
Il
suo bastone ad esempio era equipaggiato con un filo metallico
sottilissimo, quasi invisibile e resistentissimo. Piazzato fra due alberi
si dimostrava una trappola letale per i cavalieri di passaggio; quanto
la tagliola per una volpe.
Ne fecero le spese i banditi complici di Bronsky che si ritrovarono
con la gola tagliata. E fu il primo indizio per Zagor sulla vera indole
del suo occasionale compagno di viaggio.
Persino
il suo cappello se usato con la giusta perizia si trasformava
in un'arma formidabile. Era nascosta nella tesa una lama affilatissima
in grado di recidere la gola di una persona.
E che dire del suo portasigari. Quei sigarilli che fumava continuamente.
All'interno erano nascosti ogni sorta di fialette contenenti ognuna
una sostanza diversa e, se lanciato con la giusta forza, poteva esplodere
in faccia al bersaglio.
Ma
Gray aveva anche delle straordinarie armi di difesa che usava
raramente; in quanto gli antagonisti non avevano il tempo e il modo
di attaccarlo. Fra le più spettacolari una specie di scudo invisibile
fatto probabilmente da una sostanza che solidificava rapidamente al
contatto con l'aria.
Tale dispositivo fece buon gioco per impressionare i mohawks
e portarli dalla sua parte.
Ma Gray non si firmava l'Alchimista per un semplice vezzo della
sua contorta personalità. L'alchimia, l'antenata esoterica della
chimica. E nel campo della chimica Gray non era secondo ad alcuno; neanche
a Verybad e allo stesso Hellingen.
Tutte le sostanze che utilizzava; veleni, antidoti, acidi, liquidi infiammabili,
erano stati creati da lui e il loro segreto è morto con lui..
Ne ebbero un assaggio Farrell e Zagor quando prelevando i soldi dalla cassaforte, banconote sulle quali Gray aveva esercitato le sue arti alchemiche, li videro sgretolarsi in polvere a contatto con il calore delle mani.
Oltre ai veleni, l'arma più letale di Gray era quel diabolico
liquido infiammabile di cui riempiva le sue strane pallottole. E che
avvolgeva completamente le vittime fino a che non le aveva completamente
carbonizzate Pensate
alla paura che ebbe il piccolo messicano quando tutti gli innocui bigliettini
da visita dell'alchimista gli si incendiarono fra le mani..
Gray è stato certamente un avversario ostico per Zagor
prima che fosse ucciso dallo stesso veleno che aveva destinato ai militari
di Fort Brendon. Ma sono pronto a scommettere che più
di uno di quegli alti papaveri avrebbe preferito che a Gray fosse salvata
la vita, pur di poter usufruire delle sue conoscenze.
... conoscevo
il suo valore come scienziato e la terribile disgrazia della sua menomazione.
Sapevo che era un uomo eccezionale e che l'esercito avrebbe dovuto fare
qualcosa di più per lui. Piuttosto che metterlo a "riposo".
Ma non avrei mai immaginato che stringendo la mano a Gray, stessi stringendo
la mano dell'uomo che ci teneva in scacco da molto tempo. E neanche
che la sua venuta al forte, voluta con insistenza dal capitano Hughes
e dal maggiore Walter Johnson, per riallacciare i rapporti con
il loro ex-collega che li considerava corresponsabili dell'incidente
e del suo accantonamento, sarebbe stato il momento più terribile
del forte che ho comandato per tanti anni.
Leggevo negli occhi di Zagor una certa diffidenza e ammirazione
per quel personaggio dai modi così forbiti, che nel bel mezzo
di un discorso improntato alla cordialità era capace di proferire
una frase sibillina, carica di una minaccia difficile da percepire.
Così non ebbi a sospettare nulla fino al momento del ballo: quando accadde una doppia disgrazia che in qualsiasi altra occasione, se non la festa del forte, sarebbe sembrata più che sospetta e non solo una macabra coincidenza. Come ebbe a confessarci più tardi Gray non aveva esitato ad eliminare Walter e suo moglie solo per vendicarsi del fatto che gli aveva sottratto il posto in laboratorio dopo l'incidente.
Anche dopo la sua confessione commisi l'errore di non dare ascolto ai dubbi di Zagor e affidarmi alla certezza del capitano Hughes, che pagò con la vita l'errore di sottovalutare Gray. Un uomo che lo sopravanzava di molto per capacità. E che aveva sempre odiato l'idea di essere un suo sottoposto.
Fu
così che non immaginammo nemmeno che Gray aveva potuto sabotare
il cannone in modo del tutto inavvertibile. Hughes saltò
in aria insieme alla creatura di cui era tanto orgoglioso e che secondo
Gray non era altro che un giocattolino.
E ancora ho sulla coscienza il fatto di aver affidato ad un giovane
capitano il comando della pattuglia partita all'inseguimento di Gray
dopo la sua evasione.
Risultato... tutti i soldati morti, sorpresi e sterminati da un veleno
sconosciuto e Zagor salvo per miracolo grazie alla sua prontezza e al
suo fisico eccezionale.
Sottovalutare Gray è stato il più grave errore
della mia vita. E' costato più vite umane che un grossolano errore
di tattica in uno scontro campale.
Riprendo
il racconto tralasciando gli avvenimenti del forte che son stati riportati
direttamente dal colonnello Farrell. Zagor rimase incosciente
per tre giorni. Fra la vita e la morte a causa di quella minima quantità
di veleno che aveva assorbito.
Appena rimesso in piedi il suo primo pensiero fu continuare la caccia
a Gray trascinando con sé il solito sfortunato Cico.
Però prima aveva promesso al colonnello Farrell di indagare
sul perché i carri che avevano portato i viveri e le coperte
ai mohawks di Mano Ferma non fossero rientrati al forte.
Inutile sottolineare quanto Zagor fu colto di sorpresa dall'attacco
dei mohawks, che ubbidivano ad un inviato di Manito che avevano ribattezzato
Mani d'acciaio. Gray era lì.
Ancora una volta causa di lutti e dolore. Aveva infettato le coperte
e i viveri con un altro dei suoi veleni e, catturato dai Mohawks, si
era dovuto servire dell'antidoto per salvare la sua stessa vita e conquistarsi
la fiducia degli indiani.
Il capo Mano Ferma non riconosceva più l'autorità
di Zagor, che fu lasciato in pasto agli avvoltoi fra i morti del cimitero.
Ma
lo Spirito con la Scure, ossessionato dall'Alchimista, trovò
le energie per liberarsi e affrontarlo in un ultimo, interminabile,
duello. Gray commise un grosso errore. Sprecò la sua ultima dose
di veleno nel corpo di Mano Ferma e rimase senza più trucchi
in balia della furia di Zagor.
Zagor lo inseguì sparandogli contro; forse per la prima
volta in vita sua deciso ad uccidere un uomo che non poteva più
difendersi. Ma il dilemma di macchiarsi di un simile peccato gli fu
risparmiato dallo stesso Gray.
Egli aveva avvelenato il fiume che portava l'acqua a Fort Brendon
e perì ucciso dal veleno che aveva seminato.
Il Genio del Crimine di |
|
disegni | Franco Donatelli |
storia | Daniele Nicolai |
L'alchimista | |
scheda | Vittorio Sossi |