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Al via il primo vaccino polivalente per l'AIDS

di Silvia Sorvillo

Al Nih di Bethesda 50 volontari provano l'efficacia di un nuovo farmaco preventivo efficace sui tre sottotipi più diffusi di Hiv e così si accordano anche le multinazionali farmaceutiche

19 novembre 2002

Un mix di quattro geni modificati dell'Hiv presi dai tre sottotipi A, B e C del virus dell'immunodeficienza acquisita è la componente essenziale di un nuovo protocollo preventivo a cui è stato dato il via il 16 novembre dal National Institutes of Health di Bethesda, nel Maryland. Alla sperimentazione partecipano 50 volontari americani, tutti maggiorenni di età compresa tra i 18 e i 40 anni, ed ha come primo obiettivo valutare la sicurezza del vaccino, monitorando il sistema immunitario dei volontari nel caso ci fossero eventuali reazioni indesiderate. Questo vaccino a Dna, che per ora è quindi nella fase I, andrebbe a coprire, se efficace, il 90 % dei contagi da Hiv, percentuale totalmente ascrivibile ai tre ceppi più diffusi: A e C presenti in Africa e in Asia, e B presente qui da noi, in Europa occidentale, e nel Nord America.

In Africa e Asia i sottotipi A e C, mentre in Nordamerica e in Europa occidentale prevale il B

L'idea di un vaccino composto, particolarmente adatto per un virus così mutevole come quello dell'Hiv, non è nuova, la sua potenzialità ha già dato ottimi risultati negli anni passati per la profilassi antipolio. Gary Nabel, direttore del Centro Vaccini di Bethesda e responsabile della sperimentazione, ha sottolineato "Una lezione importante che abbiamo imparato in anni di tentativi di sviluppare un vaccino contro l'Aids è che il virus non sta fermo, ma cambia continuamente, e sembra adattarsi alle diverse popolazioni. Di conseguenza, l'idea che sta dietro a questi vaccini 'globali' è acquisire maggiori possibilità di resistenza ai nuovi virus che possono svilupparsi". Del resto adottando questo protocollo sono stati messi d'accordo gli interessi dei paesi in via di sviluppo, che sono i più colpiti dall'epidemia, con quelli contrastanti dei paesi industrializzati, gli unici in grado di finanziare questo tipo di ricerche. Il test prevede un periodo di osservazione di almeno un anno, poi "Se in questi test clinici il nostro candidato dimostrerà una risposta immunitaria efficace" ha spiegato Nabel, "in quelli successivi aggiungeremo altre componenti per ampliarne l'effetto."

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Scienzità è stato realizzato da Silvia Sorvillo e Vittorio Sossi