Mucca pazza in Europa. Nessun Paese al sicuro
New Scientist: "A rischio milioni di persone"
Secondo la rivista inglese la sorveglianza è insufficiente
dal quotidiano Ultime Notizie. venerdì 9 giugno 2000
ROMA. è ufficiale: anche nei Paesi che negano nella maniera più assoluta qualsiasi pericolo, alcuni allevamenti potrebbero essere a rischio di Bse, l'encefalite bovina spongiforme. Così titolava un articolo di ieri il "New Scientist", autorevole rivista scientifica inglese.
In tutta l'Europa dieci milioni di persone credono di essere al sicuro dal contagio della sindrome di Creutzfeld-JaKob, la malattia neurologica trasmessa dalle mucche "pazze", solo perché i loro Paesi sono stati dichiarati ufficialmente "liberi" dalla Bse.
Secondo gli specialisti l'encefalite bovina spongiforme, malattia molto simile al morbo neurologico di Creutzfeld-Jakob che colpisce l'uomo, è più diffusa di quanto gli stessi Paesi europei siano disposti ad ammettere. Germania, Italia e Spagna sono Paesi in cui l'infezione potrebbe essere presente. Sempre secondo questi ricercatori in sei nazioni europee, oltre a Canada, Australia e Stati Uniti, è molto probabile che ci siano casi sporadici di infezione che sfuggono il tipo di sorveglianza "passiva" organizzata da questi stessi Paesi come unica forma di controllo.
I ricercatori, infatti, ricordano che tale sorveglianza individua solo un terzo dei casi positivi e invitano perciò la Commissione europea a riflettere sulla necessità di controlli più approfonditi. Due anni di osservazione e la raccolta di dati sull'importazione di carni di ogni singolo Stato sono le fonti utilizzate dai ricercatori, i quali hanno scoperto che all'epoca dell'epidemia, nel periodo all'apice dell'infezione, la Germania importò 13mila capi di bestiame dall'Inghilterra e 1.200 tonnellate di mangime derivato dal bestiame inglese. Gli stessi dati possono essere estesi all'Italia e alla Spagna.
Parla Agostino Macrì, dell'istituto superiore di sanità. Allo studio un nuovo tipo di diagnosi
Bse, una malattia ancora da scoprire
ROMA. All'Istituto superiore della sanità, a Roma, Agostino Macrì dirige il laboratorio di Medicina veterinaria e si occupa da anni di Bse. Lo abbiamo intervistato per avere un quadro dell'attuale situazione in Italia.
- La nostra è una buona prevenzione?
Abbiamo un controllo capillare delle carni nostrane. In Italia sono stati introdotti gli Istituti zooprofìlattici: 10 sedi centrali e circa 100 periferiche, cui fanno riferimento tutti i centri veterinari che controllano la macellazione. Il primo organo di controllo è l'Azienda sanitaria, struttura dalla quale dipendono tutti i veterinari responsabili del settore. - E per quanto riguarda le importazioni?
Siamo un Paese della Comunità europea e quindi come tale dobbiamo accettare le direttive prese dalla commissione internazionale. Questo vuoi dire che dobbiamo fidarci dei controlli eseguiti sulle carni dagli altri Stati del mercato comune. Solo sul bestiame proveniente dai Paesi extracomunitari possiamo esercitare un controllo più severo. - A quanto le risulta l'epidemia inglese ha avuto conseguenze qui da noi?
A parte i due casi nel '96, regolarmente denunciati da un veterinario siciliano, in Italia non ci sono stati altri episodi infettivi. Normalmente ogni anno si registrano 50, 60 casi di Creutzfeld-Jakob, ma solo su persone che hanno superato i cinquant'anni e mai su giovani. - E negli altri Paesi europei?
In Inghilterra sono stati denunciati ufficialmente 40 casi tutti ascrivibili a quel periodo. Ora la situazione nel Regno Unito è in forte decremento, mentre Francia e Portogallo hanno una casistica in crescita. - Ci sono novità sul fronte scientifico?
Per ora no. Quella del prione - elemento proteico che si accumula e si trasforma nel cervello - come agente responsabile della malattia, resta la teoria più accreditata. Perché il prione devi il suo comportamento e diventi patogeno resta ancora un mistero. - Come si esegue la diagnosi?
Per ora utilizziamo ancora indagini di tipo anatomo-istologico che si eseguono sul bestiame prima della macellazione. Attualmente nel nostro istituto è allo studio una metodica più rapida per la diagnosi.