L'uomo protagonista di questo numero della Gazette
è forse la figura più forte con cui mi sia confrontato
durante questa mia inchiesta sull'epopea zagoriana. Manetola
era un seminole, un indiano, un selvaggio come molti di voi sarete
inclini a considerarlo.
Nel nostro avanzare verso l'ovest noi riusciamo a vedere gli indiani,
i leggittimi proprietari di questa terra che noi andiamo a colonizzare,
solo come un ostacolo alla nostra espansione.
Per noi, uomini civili, è comodo credere o far finta di credere
che questa gente non abbia alle spalle cultura, tradizioni, storia.
E' comodo pensare che il nostro progresso, la nostra avanzata tecnologia
sia un dono che noi dobbiamo offrire ai nostri nemici per elevarli
al nostro rango.
La vita di uomini come Manetola però potrebbero aiutarci
a riflettere; noi siamo colonizzatori o semplicemente dei predoni?
Mi auguro di trovare, nel corso della mia carriera di giornalista,
la forza di denunciare le sopraffazioni e le abiezioni, delle quali
noi civili uomini bianchi ci rendiamo protagonisti.
Manetola ha incontrato Zagor due volte: la prima nel
suo territorio, in Florida, dove stava combattendo una infinita
e strenua guerriglia contro i militari del posto, comandati dal generale
Wilcox: un uomo disposto a qualsiasi tranello per poter uscire
dal ristagno di quell'estenuante conflitto.
Wilcox riuscì a sfruttare il carisma dello Spirito
con la Scure per una trappola che si chiuse intorno a Manetola
proprio nel momento in cui aveva ricominciato a sperare in un futuro.
I due amici si lasciarono in un addio che non fu tale solo per un
caso fortuito.
Il loro secondo incontro li portò, con una speranza di libertà
incarnata nel nome di Liberty Sam, uno schiavo nero fuggito
dalle piantagioni che si era unito ai seminoles, nell'isolotto di
Britannia. Qui il sogno di indipendenza del popolo seminole
si infranse ancora una volta contro la doppiezza degli uomini bianchi.
In una battaglia impari, alla guida dei suoi uomini, Manetola
trovò la morte, insieme alla maggior parte della sua gente,
imprimendo il suo ricordo, a fuoco, nel cuore di tutti gli uomini
che ebbero la fortuna di conoscerlo.
Ho scritto queste pagine perchè anche voi possiate, dalla sua
storia, imparare come i veri uomini non cessano mai di combattere
per la loro libertà anche a costo di sacrificare la propria
vita.
(...E come i veri uomini siano l'anima e l'alimento di ogni umanità,
di qualsiasi razza e colore della pelle)
Vorrei chiudere con una domanda che Manetola e Liberty Sam
posero al loro grande amico:
-Tu sei un bianco Zagor... Parlaci dunque, spiega a me, ed a Liberty
Sam quali imperdonabili colpe i tuoi simili attribuiscono a coloro
che hanno il viso di colore diverso...-
Zagor non seppe rispondere. Qualcuno di voi può o vuole
porsi la stessa domanda?
In fede Robert Short.
Oggi
finalmente sembra che la guerriglia che sta dissanguando le truppe
e che logora l'animo e la volontà di tutti i soldati di Fort
King stia per avere fine.
Un'insperato colpo di fortuna ha portato al forte un vagabondo, un
illuso idealista; un certo Zagor che ha osato prendere le difese
dei seminoles catturati e ammassati sul pontile.
Dio sa quanto avrei voluto far fucilare questo imbecille impiccione
se non mi fossi accorto di quanto credito abbia da parte dei musi
rossi: ho assistito infatti ad una scena incredibile con tutti i seminoles
a frapporsi come scudo fra lui e i fucili dei miei uomini.
Questo Zagor con il suo carisma potrebbe essere l'inconsapevole
pedina per stanare Manetola, il capo della resistenza indiana,
da quel dedalo di acquitrini in cui molti dei miei uomini hanno perso,
inutilmente, la vita.
Ho invitato a pranzo il grand'uomo e l'ho convinto che è mia intenzione risolvere la questione nella maniera più rapida e più pulita. Ha bevuto ogni parola di quello che ho detto; della mia volontà di assicurare a Manetola uno spazio per la trattativa. Una volta catturato il capo seminole le scimmie rosse cadranno come animali braccati nella mia trappola. Zagor è partito per le paludi guidato da Sarota, uno dei prigionieri che gode della fiducia di Manetola. La mia trappola si sta chiudendo sul prode capo seminole.
si manifestò immediatamente al ritorno di Zagor al forte
con l'illustre capo indiano.
La ricerca di Manetola si era rivelata difficoltosa. Sarota
aveva perso la vita in un tragico incidente con un soldato reso folle
dall'estenuante guerriglia e Zagor e Cico avevano dovuto
continuare la loro ricerca in base alle poche indicazioni che era riuscito
a dare prima di morire.
La loro meta era un fortino sul lago Kaloosa: un antico forte
spagnolo, base e rifugio di un gruppo di disertori messicani che intessevano
fiorenti traffici di armi con i disperati seminoles.
Per
questo Manetola si recava spesso al forte.
Zagor si trovò ben presto a fare i conti con l'ottuso
Antonio Fuente detto Sargento: il comandante di quella
banda di disperati. Sargento, venuto a conoscenza del vero scopo
della missione dello Spirito con la Scure, aveva un motivo in
più per trattenerlo e impedirgli di agire. Non poteva permettere
che una tregua bloccasse il suo florido commercio.
Imprigionati,
i nostri due amici assistettero alla visita di Manetola che,
stremato dalla guerra infinita, non intendeva più pagare il prezzo
convenuto per le armi dei messicani.
Fu così che il fortino fu preso d'assalto dai seminoles.
Zagor vide in questa scaramuccia un mezzo per conquistare la
fiducia dell'orgoglioso capo, adesso che aveva perso la possibilità
di mediazione offerta dallo sventurato Sarota.
Riuscì facilmente ad evadere dalla cella in cui era prigioniero
e ad aprire il portone del forte, attraverso il quale i seminoles si
riversarono come un fiume in piena e sbaragliarono facilmente il manipolo
di straccioni disertori
Manetola
accettò l'offerta di Zagor di mediazione
e si recò con lui a Fort King per trattare l'armistizio
con il generale Wilcox.
Ma un'amara sorpresa attendeva i due combattenti per la libertà.
Wilcox aveva organizzato tutta la messinscena dell'armistizio,
solo con la speranza di mettere le mani sul capo seminole: unica e sola
anima della rivolta.
Una finta evasione, sanguinosamente sventata, avrebbe messo per sempre
fine alla minaccia di Manetola: in modo pulito e senza grandi
inchieste.
Zagor,
ormai uno specialista in evasioni, durante il suo trasferimento a Richmond,
riuscì a fuggire e tornò a Fort King; giusto in
tempo per impedire l'ennesimo tradimento. Anche se dovette faticare
non poco a convincere della trappola quell'uomo caparbio, che lo vedeva
come un complice di Wilcox.
I due riuscirono a mettere a ferro e fuoco il forte e, grazie alla polvere
da sparo del deposito di munizioni, a sbaragliare tutti i soldati, mentre
l'infido generale Wilcox trovava la giusta morte per mano della
sua vittima.
I due amici si salutarono con il cuore a pezzi non sapendo che si sarebbero
rivisti qualche anno dopo in avvenimenti ancora più tragici.
Addio Zagor Addio nostro unico amico avrà sicuramente
pensato il forte capo seminole mentre lo Spirito con la Scure
e il suo simpatico socio si allontanavano verso nord: commossi e consapevoli
che la lotta di Manetola e dei suoi uomini avrebbe avuto fine
solo con il loro sterminio.
La
nostra tranquilla cittadina è scossa per la sanguinosa rapina
avvenuta oggi pomeriggio nella banca del paese: nel corso dello scontro
hanno perso la vita Ronnie Balkbury e Harold Bosch; lo
sceriffo e Hazon, il cassiere, sono stati gravemente feriti.
I testimoni parlano di un gruppo di predoni indiani, probabilmente seminoles
dalle descrizioni, guidati da un negro. Subito dopo la rapina è
arrivato un distaccamento di soldati, che hanno asserito di essere da
tempo sulle tracce dei predoni e che hanno preso il controllo della
situazione.
In questo momento il comandante del plotone, il capitano Hunter Kubrick,
che si dice sia famoso per i suoi modi sbrigativi di risolvere la questione
indiana, sta interrogando l'uomo che può essere la chiave
per catturare i banditi.
Questo sconociuto che all'inizio si pensava fosse una vittima della
rapina, nella quale era stato ferito, è, secondo il cassiere
Hazon, un complice dei banditi.
Se è in qualche modo legato ai fuggitivi possiamo pur essere
certi che Hunter Kubrick riuscirà ad estorcergli tutte
le informazioni possibili per catturare gli uomini che hanno precipitato
il nostro tranquillo paese nel lutto.
Zagor,
che era stato scambiato per un complice di Manetola nella sanguinosa
rapina, riuscì a sfuggire allo spietato Kubrick grazie
alla fiducia dell'ufficiale medico del distaccamento.
Immediatamente si mise sulle tracce degli indiani insieme al recalcitrante
Cico.
Raggiunsero Manetola alla Baia des Anges dove il capo
seminole e Liberty Sam, un ex schiavo nero che si era unito ai
fuggitivi, lo misero al corrente del loro piano.
Liberty Sam nel porto di Tampa, aveva contattato il capitano Seabrook, esasperato dai debiti e dall'inattività. Questi aveva accettato l'offerta di Sam di trasportare i Seminoles in cambio di un cospicuo compenso in denaro. Il loro appuntamento era stato fissato proprio alla Baia des Anges.
Liberty
Sam non aveva avuto dubbi sull'onestà del capitano anche quando
quest'ultimo si era spinto oltre e aveva suggerito una meta ideale per
il loro viaggio della speranza: l'isola di Britannia nell'arcipelago
delle Bahamas.
Per pagare l'esoso pedaggio verso la libertà i seminoles si erano
ridotti a depredare banche e fattorie!
Sborsati i ventimila dollari a Seabrook, i seminoles si imbarcarono
con il cuore colmo di dolore per il definitivo abbandono della loro
Florida e velato di una sottile speranza.
Zagor e Cico presero posto anche loro sulla Medusa
con la promessa che al ritorno sarebbero stati sbarcati a Charleston.
Lo
sbarco a Britannia si rivelò subito una trappola. L'isola
non era quel paradiso promesso da Seabrook ma un protettorato
inglese che si reggeva sulla coltivazione della canna da zucchero ad
opera di schiavi neri.
Trecento dollari a testa questo era la paga di giuda che Seabrook
aveva incassato dal governatore di Britannia: Sir Antony Macomber.
Zagor riuscì a fuggire e a sottrarsi all'inseguimento
dei marmittoni di Britannia nonostante l'intervento di Bosambo,
un giovane che intendeva consegnarlo agli inglesi per sottrarre la sua
gente alla rappresaglia dei soldati.
Il primo pensiero di Zagor fu di offrire il suo personale compenso
a Seabrook.
Impadronitosi della Medusa attese al varco il capitano.
Prima di morire in una lotta senza quartiere sott'acqua, il traditore
ebbe modo di pentirsi amaramente delle sue azioni.
Consumata la sua vendetta e incendiata la nave Zagor passò
al contrattacco: direttamente nella dimora di sir Antony macomber...
Zagor
catturò Macomber e lo condusse al vecchio forte dove erano
tenuti prigionieri Manetola e i suoi seminoles. Sotto la minaccia
della pistola di Zagor il governatore fece sgomberare il forte da tutti
i militari e liberare i prigionieri.
Il piano di Zagor era molto semplice: con in mano un ostaggio
tanto eccellente sarebbe stato semplice intavolare una trattativa e
ottenere un'imbarcazione per continuare il viaggio del popolo di Manetola
verso la libertà.
Lo Spirito con la Scure però, poco avvezzo alle sottigliezze
della politica, non aveva calcolato
che qualcun'altro poteva aver interesse che Macomber non uscisse
vivo dal vecchio forte.
Il vicegovernatore dell'isola, il colonnello Frederick Hazon,
aveva ben altri progetti sul futuro del suo superiore.
Fu così che, dopo aver con una scusa fatto esporre l'ignaro Macomber
al tiro dei propri cecchini, diede ordine di aprire il fuoco precipitando
gli assediati nella confusione più totale.
Ben
presto Zagor si rese conto che lo sparo che aveva colpito a morte
il governatore non era giunto da nessun fucile seminole ma era l'ingranaggio
di un piano ben congegnato per sterminare il popolo di Manetola
e soprattutto assicurare il comando di Britannia al colonnello
Hazon.
Con la morte nel cuore gli assediati si preparano al loro ultimo combattimento.
I
cannoni dei marmittoni inglesi aprirono varchi fra le mura del forte
e fra le fila dei seminoles e solo il coraggio e il sacrificio estremo
di Manetola consentì agli assediati di ributtare indietro
gli assalitori.
La resa dei conti con l'inevitabile epilogo era stata solo rimandata.
Il colonnello Hazon non intendeva più rischiare la vita
dei suoi uomini in un assalto frontale e si limitò ad un bombardamento
a tappeto che decimò i pochi seminoles rimasti.
Zagor
e Cico non assistettero alla fine dell'assedio.
Bosambo, pentito per aver tentato di consegnare Zagor agli inglesi,
si era portato con una piccola barca da pesca sotto il forte e stava
cercando di convincere lo Spirito con la Scure a mettersi in salvo.
Liberty Sam, consapevole dell'ineluttabilità della siuazione
scaraventò il suo alleato, che voleva restare a combattere e
morire con i suoi compagni, oltre i bastioni: Cico lo seguì
rapidamente con il suo inimitabile stile.
Il coraggioso Sam si apprestò alla sua ultima battaglia:
ma il suo destino non era la morte.
Guidò l'ultmo assalto dei seminoles ma, ferito, venne di nuovo
messo in catene e ebbe in sorte di rincontrare Zagor solo molto tempo
dopo.
Zagor e Cico sul guscio di noce di Bosambo si diressero
in balìa di una tempesta verso Haiti dove il destino li
portò verso una delle loro più allucinanti avventure...
Io credo che nella memoria degli zagoriani di vecchia data Manetola
occupa un posto di eccellenza.
Chi di noi non si è commosso di fronte all'eccidio dei seminoles?
Chi di noi non avrebbe voluto strangolare con le proprie mani il sordido
capitano Seabrook? Chi di noi non avrebbe voluto fermare le baionette
che straziavano il corpo di Manetola?
Lo stesso Bonelli in una posta di Zagor ammetteva di essersi
pentito di aver fatto morire così presto Manetola, un personaggio
dalle grandi potenzialità.
Io mi sento di doverlo ringraziare, invece, per averlo fatto morire
e in modo così ingiusto. La morte di Manetola è
uno dei pochi eventi ancorati alla realtà storica del vecchio
Zagor, e il suo sacrificio lo ha eretto a personaggio di enorme spessore.
Certo Zagor è pieno di morte. Muore l'equipaggio dell'odissea
americana, muoiono i vegliardi vichinghi di Guthrum, muore Wakopa
e sua moglie in una delle più tragiche e belle storie, muore
il saggio Miwok sacrificato alla follia di Ben Stevens, la lista
è lunga...
La morte di Manetola però è qualcosa di diverso.
Manetola, il suo popolo, la sua lotta per la libertà è
un inserto basato sui massacri avvenuti nella storia della nazione americana
in un fumetto, Zagor, che fa invece della fantasia il suo punto di forza.
Tutti ci siamo affezionati al capitano del vaporetto di Homerus Bannington
e credo tutti siamo rimasti male quando è morto proprio alla
vista della meta, e così vale per tutte le altre vittime illustri
della penna di Bonelli- Nolitta.
Ma per Manetola il destino era già scritto. Manetola,
i suoi desideri, le sue rivendicazioni, erano vita vissuta: e inevitabile,
e la storia ce lo insegna, il suo triste epilogo. Tutti noi non avremmo
voluto assistere alla morte di quest'uomo coraggioso ma tutti noi in
cuor nostro sapevamo che sarebbe accaduto e che solo così quell'uomo
sarebbe potuto diventare quell'eroe che è diventato nei nostri
ricordi.
Per questo mi sento di ringraziare Nolitta per averci regalato se non
la più bella storia di Zagor certamente quella emotivamente più
intensa.
E mi sento di ringraziare Boselli per averci mostrato un Manetola
finalmente sereno nelle celesti praterie (per cancellare ogni nostro
residuo rimorso...)
E un grazie di cuore a Franco Donatelli per aver dipinto il capo
seminole con tratti così nobili. Donatelli ha diviso per anni
il merito di illustrare le storie dello Spirito con la Scure con Gallieno
Ferri, (senza dimenticare tutti gli altri, Bignotti in primis).
Quello che mi ha sempre colpito della matita di Donatelli è stata
la caratterizzazione dei personaggi: quella capacità di farmi
odiare o amare un personaggio dopo poche vignette.
I personaggi positivi, se non belli, erano certamente nobili, dignitosi,
scolpiti, quadrati... Quelli negativi invece avevano degli occhi...
Gli occhi dei cattivi di Donatelli non li dimenticherò mai: tagliati,
sottili, da faina, occhi che suscitano un involontario brivido nella
schiena e un disgusto che nasce dalla bocca dello stomaco...
Seminoles di |
|
disegni | Franco Donatelli |
storia | Guido Nolitta |
Libertà o Morte di | |
disegni | Franco Donatelli |
storia | Guido Nolitta |
Manetola | |
scheda | Vittorio Sossi |