New
Echota
non è solo una città. E' un simbolo. Il simbolo
del desiderio di un popolo di ergersi e confrontarsi con l'avversario
in pari dignità, di annullare ogni presunzione di superiorità
culturale.
New Echota è stata per qualche anno il sogno dei Cherokee
di essere riconosciuti come popolo sovrano.
Oggi nel 1855 possiamo solo prendere coscienza che quel sogno è
fallito. Vanificato dalla sopraffazione e dal genocidio.
A New Echota, dunque, nacquero e affondarono le speranze
del popolo Cherokee di essere riconsociuto come nazione indipendente
all'interno dello stato di Georgia.
Alla confluenza dei fiumi Coosawattee and Conasauga, sorgeva
il piccolo centro di Newtown, dove dal 1819 iniziarono a svolgersi
le regolari riunioni del consiglio nazionale dei Cherokee. Gli
indiani avevano abbandonato il loro sistema tribale e avevano diviso
i propri territori in otto distretti: Hickory Log, Chickamaugee,
Chattoogee, Amoah, Etowah, Tahquohee, Aquohee,
e Coosewatee.
Grazie alla spinta politica di John Ross promotore di una costituzione,
una legislazione e un'organizzazione politica equivalenti a quelle degli
Stati Uniti e al sogno di Sequoya che, nel 1821, aveva completato
il suo sistema di trascrizione sillabica della lingua, in breve tempo
la vita dei Cherokee cambiò radicalmente.
Diventarono coltivatori di terra e costruirono case, chiese, scuole
e tribunali, accelerando il processo di abbandono della vita nomade.
Quattro delegati di ogni distretto si riunivano annualmente a Newtown
nel National Council che sceglieva i 12 membri effettivi del
National committee, il vero e proprio governo.
Il 12 novembre del 1825, Newtown divenne la capitale della nazione Cherokee
e cambiò nome in New Echota.
Nonostante le piccole dimensioni la cittadina raccoglieva le strutture
politiche e culturali: qui aveva sede il consiglio, il tribunale
e soprattutto, dal 1828, il Cherokee Phoenix quotidiano bilingue
che utilizzava il sistema sillabico di Sequoya per diramare le sue notizie,
fondato da Elias Boudinot.
Ma
nel 1828 nel cuore del territorio Cherokee fu scoperto l'oro
e la situazione rapidamente precipitò.
Questi uomini, che in breve tempo erano stati in grado di costituire
un vero e proprio stato, videro sempre più risicati i loro territori
e a nulla valsero i loro civili tentativi di resistenza a base di carte
bollate e processi contro un sistema giudiziario iniquo e un presidente
Andrew Jackson, che era sempre stato un fiero oppositore dell'integrazione
e un combattente feroce del popolo rosso.
Satko, stabilitosi a New Echota, grazie alla sua preparazione,
divenne un avvocato di punta e un collaboratore stretto di John Ross,
ma anche lui fu costretto a seguire il destino del suo popolo nel Trail
of Tears: la deportazione in Oklahoma.
Zagor è stato a New Echota in due occasioni: nel settembre
del 1834 quando difese il suo amico dalla falsa accusa dell'omicidio
del capo Tahchee e nel 1836 agli inizi del Trail of Tears.
Il suo intervento fu indispensabile nel salvare la vita a Sequoya,
già anziano, che guidava la sua gente durante le prime deportazioni.
L'America
è un grande paese! Praterie, foreste, montagne... Ma
noi. Gli americani. Noi che abbiamo sudato sangue per dissodare campi
e costruire la nostra florida civiltà, possiamo definirci altrettanto
grandi?
Per quanto potremo continuare a sfidare il giudizio della storia, giustificando
vessazioni, usurpazioni, genocidi, in nome del nostro progresso?
Possiamo continuare a nasconderci dietro il paravento liso della nostra
decantata superiorità culturale per giustificare l'annientamento
di interi popoli?
E come ci giustifichiamo quando la nostra arroganza si infrange di fronte
a una nazione come quella Cherokee, che ha dimostrato di essere
nostra pari in civilizzazione e avanzamento culturale?
L'Intelligencer si è sempre schierato dalla parte dei
diritti degli uomini, quale che sia il colore dela loro pelle, e il
mio compito di inviato in Georgia si inquadra in un processo
di reciproca comprensione fra civiltà diverse.
Quello che sta avvenendo in Georgia non ha giustificazioni. Un'intera
civiltà dotata di chiese, tribunali, governo e costituzione sta
per essere sacrificata in nome dell'unico Dio venerato da tutte le confessioni
occidentali: l'oro.
L'oro di cui sono ricchi i territori che appartengono alla nazione Cherokee.
In
questo quadro disarmante vorrei inserire la mia testimonianza. Quello
che io mi accingo a riportare è solo un singolo, ma significativo,
episodio. Una ingiustizia sventata dal coraggio e dalla forza d'animo
di due uomini, con un colore diverso della pelle, ma legati da un vincolo
di fratellanza raro persino nei più stretti consanguinei: Zagor,
il re di Darkwood e Satko, l'avvocato cherokee.
Incontrai i due amici a pranzo dopo aver assistito alla splendida arringa
di Satko contro le sopraffazioni di Harold Lancaster;
questi, dopo aver convinto il debole capo Tahchee a vendere le
terre della sua gente in cambio di una manciata di spiccioli, intendeva
allungare la sua mano anche sul villaggio di Joreh.
Avreste dovuto vedere gli effetti devastanti dell'azione combinata della
potenza di una furia come Zagor e della fine retorica oratoria
di Satko: un uomo che darebbe dei punti ai migliori avvocati
di New York e che si è battuto come un leone in quell'aula
ostile.
Zagor riuscì a recuperare il documento di amicizia fra
gli abitanti del villaggio di Joreh e il re Giorgio II
di Inghilterra, che aveva ospitato il leggendario capo della nazione
Cherokee, Attakullaculla, addirittura nel suo palazzo
di Windsor.
Gli uomini di Lancaster lo avevano sottratto. Era l'unica prova
per contrastare le farneticazioni di Tahchee, che avrebbe consegnato
anche il villaggio di Joreh nelle mani avide dello speculatore.
Satko
, con in mano la preziosa testimonianza, spazzò via
le deboli argomentazioni di Steele e Davis: i due principi
del foro assoldati da Lancaster.
La storia avrebbe potuto avere un lieto fine e concludersi con una vittoria
in un aula di tribunale; come dovrebbe accadere in ogni controversia
fra persone civili.
Ma Lancaster non voleva mollare l'osso che aveva addentato. Forte dell'ostilità
dei georgiani nei confronti del popolo Cherokee -continuamente
alimentata da abili mistificatori-, del potere della guardia georgiana,
e del beneplacito del nostro presidente, Andrew Jackson, sicuramente
non un alleato di John Ross, nonostante formalmente lo ricevesse
anche alla Casa Bianca.
In questo clima ottimale per le sue macchinazioni, Lancaster
ha giocato la carta più sporca: assicurarsi con l'inganno anche
il mio appoggio. Io, un cronista che sacrifica anche le sue più
spontanee simpatie in nome della verità.
Non potendo battere Satko in tribunale Lancaster ha sfruttato
il suo livore verso Tahchee, il traditore, per incastrarlo con
una falsa accusa di omicidio.
E io, il testimone oculare di questo inganno, sarei un bugiardo e un
ipocrita se non ammettessi di aver dubitato di fronte alla trappola
tesami. Io stesso ho visto il cadavere di Tahchee trafitto al
petto dal pugnale di Satko e il nostro avvocato dai modi raffinati,
selvaggio, gettarsi fuori e infrangere i vetri della finestra per fuggire
al confronto e al processo.
Io.
Un difensore del popolo rosso. Ero stato incastrato per diventare
il suo più grande accusatore.
A causa della mia ossessione per l'imparzialità.
Ma la verità aveva un altro volto...
Satko
era fuggito. Lancaster aveva organizzato una posse sanguinaria
composta di uomini della guardia nazionale georgiana.
Il destino dell'avvocato rosso sembrava segnato. Solo un uomo era disposto
a giurare sulla sua innocenza: Zagor.
La bilancia sembrava pendere definitivamente a sfavore del fuggitivo;
ma avere dalla propria parte un uomo dell'abilità di Zagor
può ribaltare qualsiasi situazione.
Io mi unii a lui per seguire le tracce di Satko per diversi motivi:
Primo perché sono un cronista.
Secondo perché così avrei potuto recarmi a New Echota
e incontrare il leggendario Sequoya, l'ideatore dell'alfabeto
Cherokee.
E terzo, lo confesso, perché le sorti del mio nuovo amico mi
stavano particolarmente a cuore e dentro di me volevo credere che la
fede di Zagor non fosse mal riposta.
Quando
giungemmo a New Echota ebbi modo di conoscere Linda Benson,
la moglie di Satko, e il piccolo Skip. Loro sembravano all'oscuro.
Eravamo lì, quindi, in quella cittadina simbolo della voglia
di integrazione di un'intera nazione. Fui colpito dall'ordine, dalla
pulizia, dall'eleganza. Dov'erano i cosidetti selvaggi. Dove si nascondevano?
Forse nei corpi sudati e infuocati della guardia nazionale georgiana,
che piombò come una valanga nel cuore della pacifica comunità
per distruggere il simbolo della loro elevazione culturale: il Cherokee
Phoenix?
Che amara sorpresa per me assistere alla devastazione del giornale:
simbolo della libertà di espressione e della mia vita!
Linda non sapeva dove fosse Satko ma qualcun'altro ne
era al corrente: Sequoya, l'uomo che speravo di incontrare dall'inizio
del mio viaggio in Georgia.
Quale fermezza, quale intelligenza, quanti desideri e speranze contenevano
i lineamenti di quell'uomo, che già aveva camminato a lungo sui
sentieri impervi della sua vita!
Ne rimasi letteralmente affascinato.
Ma non voglio che le mie riflessioni personali vi distolgano dalla cronaca
di questa vicenda, che avrebbe potuto chiudersi in modo tragico se non
per la ferrea fiducia di Zagor nell'innocenza del suo amico.
Satko
stesso ci raccontò la verità. Non aveva ucciso Tahchee
accecato dall'ira! Era stato Croak, un uomo di Lancaster, travestito.
Ma come provarlo?
Avevamo una possibilità. Satko, drogato e semi incosciente,
aveva visto che la donna delle pulizie dell'albergo, Marnie,
aveva assistito al suo rapimento e all'intera messinscena. Si trattava
ora di portare la povera donna, terrorizzata, incolume al processo e
convincerla a testimoniare.
Nel frattempo i fidatissimi sgherri di Lancaster avevano fatto
irruzione nella casa di Linda e, sopraffatto facilmente il povero
Cico, gran compagnone ma certamente non uomo d'azione, pattugliavano
le strade di New Echota, con il loro prezioso ostaggio, per costringere
il fuggitivo a mostrarsi.
Satko
si consegnò agli uomini della milizia e noi partimmo di volata
verso Carroll per conferire con il giudice Lewis, che
già si era mostrato imparziale nel corso del processo per joreh,
e metterlo al corrente di tutta la vicenda.
In un attimo il piano architettato da Lancaster gli si rovesciò
addosso. La donna si disse disposta a testimoniare e Zagor le assicurò
la sua protezione. il giudice fu ben felice di presenziare il procedimento.
Lancaster, che sentiva ormai cedere il terreno sotto i suoi piedi
commise due errori.
Tentò di eliminare il giudice Lewis e l'attentao fu sventato
dalla prontezza di Zagor.
Decise
di buttare alle ortiche il suo complice Croak, scaricandogli
addosso tutte le responsabilità.
Ma Croak, che già sentiva la corda stringersi attorno
al collo, non volle andare all'inferno da solo e uccise sia Lancaster
che Steele.
Questa volta la giustizia ha trionfato: vuoi per la volontà degli
uomini, vuoi per una buona dose di fortuna.
Ma la fortuna, da sola, non basterà a diradare le pesanti nubi
che si ammassano sul capo di questo popolo così industrioso e
desideroso di pace...
Il
coinvolgimento di Zagor nelle prime deportazioni del Trail
of Tears fu abbastanza casuale.
Satko era riuscito ad ottenere un apppuntamento con il presidente
Jackson, che aveva un vechio debito di riconoscenza con lo Spirito
con la Scure, che aveva salvato Washington e l'intera America
dall'assalto di Hellingen.
Fervevano le relazioni diplomatiche fra lo stato Cherokee e il
presidente Jackson, pressato dai georgiani, che ogni giorno promulgava
nuove leggi razziali contro il popolo di Satko.
Il 28 dicembre 1835 era stato promulgato il trattato di New
Echota che obbligava i Cherokee ad abbandonare le proprie
terre e a spostare i loro insediamenti ad ovest del Mississippi.
John Ross tentava in tutti i modi di impedire la ratifica del
trattato, contando sull'appogggio di parte del senato e dell'ex-presidente
Quincy Adams, che aveva sposato la sua causa per naturali divergenze
con Jackson.
Inutile
dire che il tentativo fallì. Jackson odiava troppo
gli indiani e Zagor è sempre stato poco diplomatico!
A Washington, nel frattempo, c'era una persona finita da tempo
nel mirino della Guardia Nazionale Georgiana: il giornalista
del National Intelligencer di Richmond, Craig Turner,
che era stato al
fianco di Zagor nello scagionare Satko dall'incriminazione per l'omicidio
di Tahchee.
Turner era diventato una vera spina nel fianco per la guardia georgiana
che aveva deciso la sua morte.
L'intervento di Zagor salvò la vita al giornalista, che
rimase molti giorni fra la vita e la morte...
Dei due attentatori alla vita di Turner, uno, un certo
Creed, era morto, ma l'altro, il bieco Horn, si era dimostrato
una lepre troppo difficile da agguantare.
Zagor e Satko, però, erano due segugi che difficilmente
abbandonavano una traccia.
Gli indizi trovati nella sporca pensione di Mr Blacky, collegavano
Horn direttamente alla Guardia nazionale Georgiana.
Senza esitare, i nostri due amici, con i distintivi dei due attentatori,
si recarono ad Atlanta per infilarsi nella fossa dei leoni.
Horn li aveva preceduti. Aveva riferito del fallimento dell'attentato
al capo della Guardia, Keller, il quale, indispettito, per tutta
risposta lo aveva spedito a Camp Hetzel dove si stavano radunando
i primi scaglioni di Cherokee in partenza per l'Oklahoma.
L'ignaro
Keller non immaginava che da lì a poco si sarebbe compiuto
il suo destino. Aveva sottovalutato le giustificazioni di Horn che lo
aveva avvertito sulla pericolosità di Zagor.
Lo aveva insultato definendolo un inetto ed un incapace.
Quanto si sarebbe dovuto ricredere nei pochi minuti che ancora gli restavano
da vivere!
Zagor e Satko infatti erano già dentro la sua fortezza.
Il suo inespugnabile punto di forza. Il simbolo della potenza e dell'impunità
della Guardia nazionale Georgiana.
Ne seguì un cruento scontro a fuoco e i nostri due amici si allontanarono
mentre Keller, che cercava di recuperare i soldi della cassaforte, periva
in un rogo indomabile, che consumò in un soffio la sontuosa sede
del suo movimento...
Zagor e Satko erano ancora sulle tracce di Horn
diretti a Camp Hetzel...
A
Camp Hetzel si erano radunati gli sfortunati abitanti del villaggio
di Etowah: i primi a subire l'onta della deportazione. Fra questi
vi era la bella e fiera Anawa, che era subito diventata il bersaglio
degli appetiti viziosi degli uomini della Guardia che presenziavano
la deportazione: fra questi il più pericoloso era certamente
Hasley, il loro capo.
La bellezza di Anawa aveva colpito anche il giovane tenente incaricato
di organizzare lo sgombero del villaggio: Norman Woodward.
Woodward
si era arruolato nell'esercito con ben altre ambizioni
che quella di dover sfrattare dalle proprie case gente pacifica e integrata
che non chiedeva altro che poter vivere la propria vita in pace. Il
disprezzo che provava nei confronti di Hasley e dei suoi sciacalli era
più forte del senso del dovere che la sua uniforme gli imponeva.
La scintilla rappresentata dalla sua passione per Anawa incendiò
il giovane ufficiale come un fuoco di paglia e innescò una serie
di attriti che lo fecero bersaglio della vendetta di Hasley e
dei suoi uomini.
Questi ultimi si erano uniti all'esercito con un preciso obbiettivo: derubare i Cherokee della diaria offerta dal governo americano per affrontare i disagi del viaggio. Una somma certamente insufficiente per i disagi del viaggio ma che rappresentava un bel gruzzolo per quel branco di sciacalli.
Hasley,
al quale si era unito Horn in fuga da Atlanta,
voleva però prima mettere in atto la sua vendetta nei confronti
della bella indiana e del giovane tenente, che vennero catturati con
il favore della notte.
La disperazione nel vedere Anawa in balìa degli istinti animaleschi
dei rapitori moltiplicò le forze di Woodward, che tornò
al campo insieme all'indiana, e, soprattutto, informato del piano di
Hasley di rapinare i Cherokee.
I vertici del comando non ne vollero sapere di scortare i deportati,
disarmati ed inermi, fino a destinazione e Woodward, con immenso dolore
maturava lentamentee inconsapevolmente l'intenzione di disertare per
proteggere quei diseredati e soprattutto la donna che aveva occupato
il suo cuore.
Nel frattempo, sulla pista di Horn, erano giunti al campo tre uomini
che avrebbero cambiato i rapporti di forza: Zagor, Satko
e Cico, (va bene Cico era quasi ininfluente...).
Woodward
accolse quegli inaspettati alleati come manna dal cielo. Imbalsamato
negli ordini che gli impedivano di seguire Anawa per proteggerla da
Hasley, il tenente informò i tre nuovi arrivati del piano degli
uomini della Guardia Georgiana, pregando Dio che da soli potessero fare
qualcosa per impedire la minaccia che incombeva sui Cherokee.
Zagor e gli altri partirono sulle loro tracce e li affrontarono in un
drammatico scontro a fuoco all'interno di una miniera abbandonata. Solo
la buona sorte impedì che facessero la fine dei topi in trappola.
Ma Hasley era ancora libero e pericoloso. Con un gruppo dei suoi,
fra i quali c'era lo stesso Horn, aveva rapito Sequoya,
il mitico inventore dell'alfabeto Cherokee, e Anawa, alla quale
non aveva mai rinunciato.
Zagor e Satko riuscirono a strappare i rapiti dalle grinfie
dei rapitori ma si trovarono bloccati in una gola, circondati da un
numero di uomini troppo consistente perchè riuscissero ad averne
ragione.
Il dilemma morale di Woodward fu la soluzione al problema. Il
tenente alla fine aveva deciso per quella che sembrava la strada che
lo avrebbe condotto alla rovina. Nonostante le suppliche del padre,
il vecchio sergente John Woodward, aveva disertato per portare
un disperato aiuto a quella donna che aveva conquistato il suo cuore.
Ma da solo non avrebbe potuto cambiare nulla. Senonché il suo
capitano aveva avuto l'incarico di raggiungerlo per consegnarlo alla
corte marziale e giunse con i suoi uomini proprio in tempo per spazzare
via gli uomini di Hasley.
Norman Woodward, abbandonò l'esercito grazie alla tacita
complicità del suo capitano e di suo padre e vive tutt'ora con
Anawa ad Oklahoma City dove collabora attivamente con
Satko.
Inutile dire che queste sono le due storie burattiniane di Zagor che
amo di più, (finora). Burattini è uno zagoriano
DOC e non resiste alla tentazione di rispolverare vecchi amici e vecchi
nemici che costituiscono l'ossatura centrale del pantheon dello spirito
con la scure.
Dopo, o in contemporanea, o prima, chi può indovinare l'ordine
delle sceneggiature in una serie in cui non c'è una chiara successione
temporale, aver rivitalizzato lo schiavo liberato Liberty Sam
ampliando i suoi affetti, arricchendo la sua vita già misera
di nuove vessazioni e, qualche numero dopo inserendolo di diritto nella
storia della sua agognata Africa, Burattini si impegna
a fare la stessa cosa con Satko.
Satko era un personaggio difficile da rispolverare.
La prima volta Nolitta ce lo aveva presentato in una storia molto
semplice, non per questo meno bella, in cui affrontava il problema dell'integrazione
fra indiani e bianchi senza affondare la lama nella realtà e
consolandoci con un lieto fine.
Dopo quella storia non riprese più il nostro amato avvocato,
che non ha mai avuto le caratteristiche adatte per essere un ritornante
come Bat o Digging Bill..
Toninelli lo utilizzò come pretesto per imbastire il ritorno
di Timber Bill: un lungo duello nel quale Satko rivestì
un ruolo alquanto marginale, se si eccettua il processo a Zagor.
Assistiamo al crollo del suo sogno di integrazione. Satko vive
nel campo di suo padre con la bionda moglie e il piccolo Skip
e si è allontanato dal paese natale di Linda.
Per altre due volte il ritorno di Satko si è limitato
a storie corali avulse da qualsiasi contesto: La lotta contro il Wendigo
e la vendetta di Butcher.
Ripescare Satko è stata una scelta coraggiosa e perfettamente
riuscita.
Burattini lo inserisce pesantemente nel contesto storico del
periodo, lo fa risiedere nella capitale dei Cherokee aggiustando
l'anacronismo che lo vedeva ancora al campo nomade di Lupo Nero,
lo fa diventare una pedina fondamentale al fianco di John Ross,
lo fonde indissolubilmente con le vicissitudini della sua gente.
Da questo momento in poi la storia di Satko sarà la storia
dei Cherokee quindi difficilmente potremo rivedere il nostro
simpatico avvocato, (un caso più unico che raro di leguleio amabile),
a meno di un inaugurabile passo indietro.
Nel costruire queste due storie, Burattini compie un altro azzardo
coraggioso: mettere Zagor, un personaggio che si muove libero in un
periodo dai contorni storici e temporali sfumati ed evanescenti, in
una precisa datazione. Gli eventi della prima storia coincidono con
l'incendio del Cherokee Phoenix realmente avvenuto e la seconda
storia si svolge subito dopo il 1835 ai tempi delle prime deportazioni
dei Cherokee. Inoltre gran parte delle avventure di Zagor devono
essere quindi avvenute sotto la presidenza dell'amabile Jackson, tra
il 1929 e 1938, - si confronti poi l'età del piccolo Skip!-.
In effetti Nolitta nell'avventura dell'attacco missilistico di
Hellingen (mitica), non nomina mai apertamente il presidente...
Visto che queste due belle storie sono incentrate sulla dolorosa lotta
per l'indipendenza dei Cherokee ecco alcuni indirizzi che ho
trovato per chi volesse approfondire l'argomento e che ho utilizzato
come fonti per i riferimenti in queste pagine (ovviamente tutti o quasi
in inglese!):
Link
alla cultura e alla storia dei Cherokee
La
vita di John Ross
La
storia dei Cherokee
la
vita di Andrew Jackson
seal
of the cherokee nation
il
sillabario di Sequoyah
minidizionario
cherokee
Cherokee trail
of tears (l'evento che ha ispirato la lunga marcia)
vita
di Sequoyah (George Guess)
vita
di Sequoyah, sillabario e pronuncia delle vocali
La Terra dei Cherokee
di |
|
disegni | Alessandro Chiarolla |
storia | Moreno Burattini |
La Lunga Marcia
di |
|
disegni | Alessandro Chiarolla |
storia | Moreno Burattini |
la Lunga Marcia | |
scheda | Vittorio Sossi |