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MILANO. Un anticorpo potrebbe sconfiggere l'Aids. La scoperta è stata annunciata ieri da Lucia Lopalco, biologa della Clinica di malattie infettive al San Raffaele di Milano, e la novità potrebbe essere utilizzata sia come vaccinazione preventiva, sia come possibile terapia per quelli già colpiti dal terribile male.
Lo studio, condotto in quattro anni su novanta "pazienti", ha evidenziato la presenza di un anticorpo che li proteggeva da ripetute infezioni.
I "pazienti" sono stati reclutati tra i partner di sieropositivi che, non utilizzando nessun tipo di protezione (non erano a conoscenza della loro sieropositività), non contraevano l'infezione. Per scoprire quale fosse la ragione di questa protezione "naturale", i "pazienti" sono stati sottoposti a una serie periodica di esami clinici.
Attraverso l'analisi del sangue è stato identificato nel loro siero un particolare anticorpo che non compariva invece nel siero dei pazienti che, nelle stesse condizioni, contraevano l'infezione.
“ i soggetti resistenti hanno un anticorpo contro la proteina ccr5 „
Lo scudo protettivo è dato dalla presenza nel sangue dei soggetti "resistenti" di un particolare anticorpo diretto contro la proteina che consente il passaggio del virus dell'Hiv all'interno della cellula.
L'entrata alla cellula (Ccr5), nei pazienti resistenti all'infezione, veniva trasformata dall'anticorpo "protettivo" in maniera tale che il virus non poteva più farvi ingresso.
Qui la grande scoperta. Aver trovato la maniera di impedire l'accesso dell'Hiv alla cellula equivale ad avere lo strumento per indurre protezione non solo nei soggetti a rischio, ma anche per bloccare la replicazione del virus durante le fasi iniziali dell'infezione.
"Per ora possiamo pensare, non prima di un anno, ad un possibile impiego nella terapia dei pazienti in malattia, ma occorre molto più tempo per un eventuale vaccino", ha commentato Lucia Lopalco.
Nonostante l'Aids sia diventato, almeno nei Paesi industrializzati, una malattia cronica, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, nel '98 ci sono stati 2,5 milioni di decessi tra gli adulti e 510 mila tra i bambini.
Anche dal punto di vista terapeutico la situazione non è rassicurante. Le terapie d'elezione, quelle a base di Azt e la più recente "triterapia", non riescono a eliminare definitivamente il virus.
L'Hiv resta rintanato nel Dna di alcuni linfociti, e quando si sospende il trattamento, il virus riprende a moltiplicarsi.
I farmaci utilizzati in questi trattamenti, infatti, puntano ad inibire le due proteine virali (la transcriptasi inversa e le proteasi), che permettono al virus di moltiplicarsi, ma non riescono a scacciarlo definitivamente dalle cellule del paziente. Per questo per ora le speranze sono tutte rivolte verso la vaccinazione preventiva. Molti laboratori sono impegnati in questo senso: sono in corso attualmente circa 70 sperimentazioni, ma di queste solo una è allo stadio finale della sperimentazione.
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